Di sicuro c'è che Viola non vedeva l'ora di riappropiarsi di quella parte di sè che ha dovuto lasciare 6 mesi fa, non vedeva l'ora di ritornare ad appartenere, ad appartenersi, di riconoscersi.Altrettanto certo è che Luvi era pronto a tornare. Lo richiedeva anche lui. Voleva rivedersi in quel suo mondo di magie e meraviglie che per 6 mesi è rimasto congelato al giorno prima, al 21 gennaio, prima di tutto. È innegabile che per Graziano le cose sono un po' diverse: si può dire che allo stato attuale il suo ritorno a casa coincide con il ritorno a S. Giovanni. D’altronde, che ci volete fare, è così, vaglielo a spiegare ora come stanno le cose. Niente per lui ora è così tanto non sembra abbia risentito troppo del cambio di ambientazione. È stato al suo posto quasi come sempre. Certamente lo stato della casa ha contribuito a non farne sentire troppo la mancanza a Viola e Luvi, che ad un certo punto sono sembrati infastiditi a stare in tanta confusione e polvere e con l'impossibilità di riappropriarsi bene delle proprie cose. Ma mi rendo conto che mi piace pensare così perchè più comodo. Se mi soffermo meglio su questo aspetto sono certo che non posso negare il fatto che in realtà a loro manca tutto: gli affetti, i cuginetti, le zie e gli zii, gli amici, la comunità, la scuola, i giochi. la normalità. L'aria salentina è polverosa. L'ho avvertito subito e mi ha colpito. La consistenza è davvero diversa. C'è qualcosa che si blocca in gola e non riesce ad andar giù. Sarà la polvere, l'umidità, gli sguardi curiosi, pietosi, partecipativi, indifferenti, schivi, distanti, vicini... comunque diversi. Quegli sguardi che ti fanno sentire come gli sfigati a cui è caduta una grossa pesantissima tegola in testa, come una degenerazione ematologica di una comunità. Non ti trattano come coloro che stanno pagando colpe di tutti, come coloro che sono all'avamposto di un problema di territorio, di generazione. È il punto di vista di chi è salvo...di chi sa di essere al sicuro.. Quella terra, la mia terra, parla ancora di morte, di sansifici, di cerano e ilva, di scempio,di tanti casi come il nostro in aumento, di indifferenza, di impotenza.. mi viene da dire.. si tengano tutto ciò. per noi è già tardi..si tengano tutto ciò. noi non ci saremo...ma di questo, ne parleremo prima o poi. Strani quei giorni, dove tutto è cambiato. Eppure abbiamo assaporato nuovamente la familiarità, l'intimità, il sentirci a casa, il ricongiungimento con se stessi proprio nei luoghi e tra le genti di sempre, gli affetti della famiglia di sangue, straordinariamente silenziosi e discreti e colmi di bene, gli affetti della famiglia di cuore, meravigliosamente vicini e pieni di tenerezza.. Ci siamo molto amati in quei giorni io e Annarita. Molto amati, nonostante eravamo in completa confusione, con mille cose da fare disorientati al massimo. Con la consapevolezza del sentirci senza riferimenti precisi. Ma comunque in un nuovo accogliente nido, semplice, sobrio, intimo e caloroso. E l'amore genera amore e gli affetti di famiglie sono travolgenti e capaci di trasmettere molto e ci siamo ritrovati, e molto amati.. Giorni densi di significati e segni. Il rito dell'acqua prima di partire; Alex e la sua semplicità e intensità che lascia senza fiato. Le benedizioni, le lacrime di gioia e di speranza, la sensazione dell'investitura a condurre Luvi alla salvezza, tutti noi di partire e salvarci.. Che meraviglia! Ho un'immagine che mi accompagna in tutto questo tempo.. Una diga, la nostra diga. Mi vedo appeso. Si è aperta una crepa e perde acqua. e bisogna tapparla in qualche modo. Sono lassù a bloccarla con una mano. Si apre un'altra crepa. ora mano sinistra. Vedo Annarita al mio fianco. appesa con una forza incredibile e tappa anche lei, e piuttosto bene. anche Viola, piccola e fragile, ma determinata. Graziano me lo vedo anche lui, sorridente e ignaro, ma prezioso. e Luvi, il grande valoroso titanico e immenso Luvi che di fatto sorregge tutto. Poi mamma Rosa e mamma Annetta. altro che vecchie: sono lì toste e 'ncapunite che non demordono e sanno davvero come riparare le crepe...lo fanno da sempre... Questo è un muro che non può crollare... papà Luigi e papà Vito soffiano da sotto...per non farci cadere.. Poi i fratelli, le sorelle, e rispettivi amori, i nipoti bellissimi e perfetti. Tutti appesi, senza indugi e guardo ancora intorno. Paolo e la sua gente. Alex.. Gli amici, i ragazzi della comunità, forti più che mai. L'ambarabà, qualcuno addirittura con l'attrezzatura di alpinista. Diavoli, hanno mille risorse, i bimbi, ragazzi, sono tanti, tutti lì. Dio mio, pensavo che la diga fosse solo mia, della nostra famiglia, che fosse piccola, invece è enorme, grandissima: su quella diga ci siamo appesi tutti, ognuno con le proprie storie, le proprie crepe.. I bimbi del reparto, le madri e i padri, i medici. Quel muro non può crollare. Non ora. Almeno fino a quando non si è sicuri che gli argini reggeranno e guideranno le acque nel mare della serenità della salvezza. Ma ora no. Quel muro resterà lì perchè ognuno di noi deve riparare le proprie crepe.. Chi cederà anticiperà il crollo, gli argini non saranno pronti e tutti andremo alla deriva. Invece è necessario resistere fino al giusto tempo, fino alla salvezza di tutti. Comunque insieme. grazie di tutto che Papà ci permetta di resistere.. con amore.. per Viola, Luvi, Graziano, per Annarita e Roberto.