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...piantare rabbia per raccogliere tenerezza

"Occorre piantare rabbia per raccogliere tenerezza"

A volte gli adulti guardano i più piccoli senza “metterli a fuoco”, senza cioè vederne gli spigoli e il contorno, senza percepirne il carico emozionale, come se fossero dei cartoni animati.

A volte i più piccoli fanno fatica a reggere l’urto del mondo esterno, sono spiazzati dall’imperizia degli adulti, non riescono a mettere ordine nel caos delle proprie emozioni, si esprimono con l’affanno di chi ha corso troppo oppure si negano e nascondono i propri sentimenti.
Io penso che educare sia il verbo cruciale della nostra vita. Educarsi educando: nel segno della reciprocità, significa imparare il dialogo e la conoscenza. Significa aiutare gli adulti a non adulterare i minori, a non considerarli alla stregua di giocattoli o di complementi d’arredo, a non strumentalizzarli per usi impropri, a non collocarne i bisogni affettivi e relazionali nei ritagli di tempo. Significa aiutare i bambini a esprimersi, a tirar fuori ed elaborare le proprie emozioni, a non aver paura di aver paura o di avere amori e disamori o di avere esplosioni di gioia o implosioni di tristezza. I bambini non sono persone incompiute, incompiuto è il nostro sguardo quando non è capace di vedere in profondità. Ecco la rabbia: non è l’espressione di un disvalore, non è il segnale stradale che ci indica il vicolo cieco. Anzi. Piuttosto la rabbia è la risorsa fondamentale per reagire ad un sopruso, ad una limitazione ingiustificata dei nostri spazi, ad una violenza anche sottile che ci colpisce. Vivere la rabbia con consapevolezza, darle una direzione di marcia, trasformarla in energia creatrice, farne lo strumento che rafforza la coscienza e usarla per difenderci senza offendere: ecco una autentica missione educativa, utile a non percepire la rabbia come colpa ma come la sentinella che custodisce il nostro essere al mondo. Se la rabbia diventa rancore, odio, ansia di vendetta, volontà di colpire, allora la rabbia avvelena il nostro carattere e ci deforma il volto. Ma un pianeta senza rabbia soffocherebbe nell’indolenza e nella rassegnazione. Non sentiremmo più il grido degli oppressi, non vedremmo più le ingiustizie sociali, non capiremmo più l’importanza della fraternità. Occorre piantare rabbia per raccogliere tenerezza. L’essenziale è dare una bussola alla propria rabbia, trasformare la rabbia in lievito e imparare a cuocere il pane del buon vivere insieme agli altri. Questo calendario ci insegna a ponderare quella nostra rabbia fino a farla diventare una eccellente risorsa educativa.

 

Nichi Vendola